Frankenstein Junior è noto al grande pubblico per la sua prolifica vena letteraria di divulgatore scientifico, per i premi e riconoscimenti internazionali che, nel corso degli ultimi anni, lo hanno portato sulle prime pagine dei maggiori organi di informazione internazionali. In quanto scienziato, delle sue ricerche nulla trapela. Anche la sua attività di esploratore e viaggiatore dei luoghi più nascosti del pianeta è stata da sempre celata a giornalisti, geografi e antropologi. Riceviamo dai suoi archivi la relazione di un viaggio e di una scoperta che siamo lieti di pubblicare con l’autorizzazione dell’autore. Il testo reca la data del 2 novembre 2132.

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La città di Amaracity, appartata rispetto al mondo conosciuto, si stende placida nella valle che porta il suo nome e un tempo era chiamata “Valle dell’angoscia”. È una valle fertile, beneficata da continue piogge e immersa in nebbie ricche di ossigeno, tagliata dal flusso costante del Rio della Disperazione. A Nord confina con le “Montagne della Paura” sulle quali svetta, bianco di neve, il monte Terror. A Sud il “Deserto della Solitudine” la mette al riparo da qualsiasi rischio di guerre e invasioni. A Est le “Paludi dell’Ansia” le assicurano tutto il fabbisogno idrico per le colture dei campi. A Ovest, infine, il suo territorio è delimitato dal corso del torrente Dolore che balza a valle con sette cascate: i “Salti della Morte”. 

Le risorse alimentari sono inesauribili e la forma di governo, voluta dal mitico fondatore Tragicos, è una perfetta democrazia a suffragio universale. Il welfare trionfa, i cittadini sono garantiti da servizi e assistenza eccellenti; il reddito di cittadinanza assicura un generale benessere e la serenità dell’ordine pubblico. Non bisognerebbe dirlo per ovvia correttezza commerciale, ma i film sui vampiri, i morti viventi, gli zombi che vanno sempre di gran moda, vengono girati nei meandri della valle e costituiscono una buona rendita per la comunità.

Che meraviglia! direte voi, la migliore di tutte le città possibili. E invece no, problemi ce ne sono, e come!

Gli abitanti di Amaracity non hanno mai voluto esercitare il diritto di voto: si astengono e sono passivi. Non partecipano neppure alle “feste del sole” che si celebrano due o tre volte all’anno, nelle rare occasione in cui il fulgido astro fa la sua fuggitiva apparizione spezzando il colore plumbeo delle nubi. Gli amaracytiani non sembrano propensi al divertimento e vivono in un costante riservo che, alla fine, è solitudine. L’unica forma di intrattenimento, che ha tratti ossessivi, è la partecipazione ai due festival, quello della Tragedia e quello dell’Orrore, divenuti quasi ragioni di culto. Quanto alle festività religiose, se ne conosce una sola: il “giorno dei morti”, che in realtà è un rito che dura quattro mesi e copre l’intera stagione invernale tra processioni e lamentazioni struggenti.

C’è come un’atmosfera pesante che avvolge questa quieta comunità fatta di silenzi e di malinconiche attese. In realtà gli abitanti di Amaracity sono dei depressi cronici affetti da anoressia e claustrofobia. I suicidi sono in aumento e ne minacciano persino l’esistenza.

Amaracity ha fatto la fortuna di vere e proprie legioni di psicologi, psichiatri, neurologi e psicanalisti, ciarlatani e stregoni improvvisati e per questo è divenuta un celebrato laboratorio delle neuroscienze. Anche gli specialisti e i ricercatori hanno dovuto però pagare il prezzo del loro impegno con il sistematico e inevitabile ricorso alla serotonina, alla norepinefrina, alla dopamina e a ogni genere di neurotrasmettitori. Gli investimenti pubblici per fronteggiare e domare questa sorta di pandemia patologica hanno prodotto un gigantesco indebitamento e cancellato le risorse della comunità.

I rari viaggiatori che si affacciano alla Valle dell’Angoscia, girano i tacchi e riguadagnano il loro cammino; le agenzie sconsigliano il tour. E così la città rimane prigioniera della sua solitudine e del contagio epidemico che la devasta.

Gli scienziati, da molto tempo, sono alla ricerca della cause profonde di questa specificità genetica che tormenta gli abitanti. Taluni propongono di rinominare tutta la geografia del luogo e persino il nome stesso della città, ma vi si oppone la fierezza dei cittadini che non intendono rinunciare alle radici ancestrali della loro identità. Comunque vi è da sperare che i prodigiosi progressi della genetica possano, prima o poi, svelare il mistero che Amaracity racchiude in sé.